Paths of Glory

Paths of Glory (Orizzonti di gloria): le eleganti maschere della sopraffazione (1957)

 

              "Ha lasciato che la sua mente venisse influenzata dai sentimenti!. Lei è un        idealista, mi fa pena. Lei è lo scemo del villaggio".
              (gen. Broulard)

 

Paths non è un film storico sulla prima guerra mondiale come Full Metal Jacket non sarà una pellicola sul Vietnam. Semplicemente K indaga l'agire umano all'interno di una situazione limite quale quella bellica, volendo dimostrare che l'ordine sociale si basa su rigide regole gerarchiche e il potere si fonda su un uso spietato della violenza. Nel prologo il gen. Broulard induce con perfida abilita' il gen. Mireau a ordinare uno sconsiderato attacco a un'imprendibile postazione tedesca. I due alti ufficiali, simboli di un potere assoluto che puo' disporre della vita e della morte dei propri sottoposti, discutono amabilmente all'interno delle eleganti geometrie di un castello settecentesco, suggestivo simbolo atemporale di un'autorità che e' ad un tempo forza e intelligenza. Nel sorprendente epilogo scopriremo che Broulard e' realmente l'uomo spietato e abile, capace di tutto governare e manipolare, laddove Mireau si rivela un mezzo isterico (incapace di ottenere cieca obbedienza dalle sue truppe, ordina di cannoneggiarle) e paga questa debolezza con la propria sostanziale esclusione dalle stanze del potere. Il terzo personaggio, o meglio quello che dovrebbe figurare come  il protagonista, è l' "umano" colonnello Dax il quale tenta fino all'ultimo di difendere i suoi uomini dalla insensibile crudelta' dei generali. Si tratta del tipico eroe liberale, al quale Kirk Douglas conferisce la prevedibile maschera sdegnata, senza accorgersi che K sposta lentamente il punto di vista del film altrove, nella lucida analisi dei meccanismi del potere, finendo per fare di Broulard il personaggio piu' interessante e segretamente ammirato dall'autore. Il "quarto" elemento del complicato gioco, la truppa, e' osservata con totale disinteresse: mentre ai potenti sono affidati i lunghi e arguti dialoghi nelle sontuose stanze del castello, i soldati sono poco piu' che una massa informe, prigioniera nelle strette e sordide trincee; le stesse tre vittime designate per la corte marziale e poi fucilate si trovano ai margini del film, sepolte in oscure stalle a lamentarsi secondo schemi di comportamento totalmente noti. La quasi totalità della critica parlando di Paths come di un'opera antimilitarista, sugli orrori della guerra, ha mostrato la sua scarsa comprensione per la poetica kubrickiana e ha cercato di imprigionare il film dentro logore categorie interpretative, sintomatiche soprattutto dei propri stereotipati orientamenti.
Invece Paths è il primo capolavoro dell'artista: qui emerge energicamente quella visione della realtà e dei suoi interni rapporti di forza, la quale traspariva solo a una lettura molto attenta nei due film precedenti. Il problema centrale non e' la conquista di una postazione, ne' una riflessione sulla follia della guerra, che anzi per K costituisce una sorta di stato permanente dell'umanità; il perno della vicenda e' al contrario il mantenimento e il rafforzamento del potere personale, perseguito con ogni mezzo. E' in vista di una promozione che Mireau ordina la carneficina, ma la situazione gli sfugge di mano ed allora, per ristabilire la propria autorità, trascina tre soldati davanti a una corte marziale improvvisata. Quando crede di aver vinto la sua "partita a scacchi" con l' "umanitario" Dax, si trova invece sconfitto dall'ultima mossa a sorpresa di quest'ultimo (la denuncia intorno al suo ordine di aprire il fuoco sulle proprie postazioni). Anche Dax finisce sconfitto, e ancor piu' amaramente di Mireau. Ingenuamente egli cerca fino all'ultimo di salvare i suoi tre soldati dalla pena capitale, senza compendere che il processo rappresenta solo un ipocrita rituale, un'elegante maschera delle necessarie pratiche di sopraffazione insite nella gestione del potere. Ancor piu' candidamente Dax porta a Broulard le prove della "ferocia criminale" di Mireau, senza ottenere alcunché; al contrario Broulard, scoperta la debolezza di Mireau, se ne serve per liquidare quest'ultimo.
L’improvvisa, sorprendente sequenza chiave dell'opera è quella del dialogo risolutore tra Broulard e Dax. Posta all'interno di una sontuosa festa danzante, memorabile anticipazione di altre feste nelle quali la casta dominante celebra se stessa (Shining, Eyes Wide Shut), essa contiene le gelide, decisive spiegazioni di Broulard offerte a uno smarrito Dax (“lo scemo del villaggio”) nelle quali si rivela il carattere antiumanitario di un Potere interessato solamente a rafforzare se stesso: banali motivi "politici" e "giornalistici" hanno motivato la sconsiderata azione bellica, ridotta infine a un fatto di mera propaganda. La geniale sequenza, con i due personaggi che si stagliano sul fondale di un'elegante libreria (allusione alla funzione di sostegno della cultura nei confronti del gruppo dominante), verra' replicata nello sconvolgente episodio conclusivo della carriera artistica di K, allorche' il potente Ziegler fornirà qualche velata indicazione intorno alla vera natura del Potere a uno sconvolto Bill Harford (sul fondale compare di nuovo un'elegante libreria). Anche in Eyes quel finale cambiava improvvisamente il punto di vista, declassando il presunto protagonista a semplice, stupida comparsa e rivelando di colpo l'importanza di un apparente personaggio secondario quale quello disegnato da Sidney Pollack.
L'esito del duello Broulard-Dax sembra esemplificare la massima del pungente scrittore francese La Rochefoucauld in cui scrive: "io credo che ci si debba contentare di testimoniare compassione, ma guardarsi bene dall'averla. E', questa, una passione che non serve a nulla per l'interiorità di un'anima eccellente; essa non fa altro che infiacchire l'animo e deve essere lasciata al popolo, che, non facendo nulla con la ragione, ha bisogno delle passioni per essere indotto a far qualcosa" (1658).
La storia principale di Paths contiene una vicenda secondaria che la duplica: la persecuzione posta in atto dal vigliacco tenente Roger nei confronti del caporale Paris testimone di una sua grave negligenza, persecuzione che culmina nella decisione di mandarlo a morire per tappargli la bocca; tale storia ripropone, a un livello piu' sordido, la medesima spietata lotta per il mantenimento delle posizioni di potere acquisite, attraverso il sacrificio di vite altrui. Al contrario la descrizione della sofferenza delle truppe e in particolare delle tre vittime, e' posta ai margini: K appare incapace di vera commozione di fronte al destino riservato a figure che considera opache; a loro e' riservato il compianto dell'ipocrita cappellano (al quale peraltro uno dei tre reagisce violentemente), ma la consolazione religiosa e' solo l'illusione dei perdenti e dei deboli nella poetica kubrickiana, come confermera' l'ambientazione natalizia posta come significativo fondale dell'odissea di Harford in Eyes Wide Shut.
"Io so solo che nessuno vuole morire" afferma un soldato impaurito, nell'imminenza dell'attacco. L'aggressività è una componente essenziale dell'individuo, ma quella che viene ora attivata nella trincea francese e' una forma innaturale e suicida di aggressività, ordinata da altri per altri fini; la truppa amorfa viene strumentalizzata e i suoi istinti violenti usati da ufficiali senza scrupoli. "Il patriottismo è il rifugio delle canaglie" afferma Dax, citando Samuel Johnson. In questa situazione rifiutarsi di combattere non e' affatto codardia; si tratta piuttosto di una razionale difesa della propria esitenza. Come scrive Hobbes "ciascuno è portato a fuggire ciò che per lui è male, soprattutto il massimo dei mali naturali, che è la morte; e questo con una necessità non minore di quella per cui una pietra va verso il basso" (De Cive). Nella perenne guerra di tutti contro tutti, i potenti si servono dei deboli per rafforzare la propria autorita' e i deboli si difendono, cercando di conservare ad ogni costo l'unico bene che posseggono, quello dell'esistenza.
I geometrici travelling all'indietro della mdp enfatizzano l'andatura degli ufficiali, ne esaltano l'importanza posta a confronto con le figure confuse dei soldati, situati ai margini dell'inquadratura. E proprio in una sequenza costruita con un travelling il generale Mireau passa in rivista i soldati, cerca di attivarne il "patriottismo", attacca un soldato dubbioso definendolo vigliacco; un analogo travelling ritrarrà il sergente dei marines Hartford (Full Metal Jacket) mentre pone in essere comportamenti simili. La fredda geometria della scrittura non combacia però con la natura irascibile e scomposta di Mireau: come il boss Rapallo di Killer's Kiss di cui costituisce una bizzarra trasformazione, il generale è destinato alla sconfitta, poiché non sa controllare completamente la propria carica aggressiva, non sa esercitare la propria autorità all'interno delle regole del gioco; Mireau è il malvagio "infantile" di cui parla Hobbes (vedi The Killing), ovvero una figura ricorrente e fondamentale nel cinema kubrickiano, da Johnny Clay a Quilty, da Alex a Jack Torrance, tutti a loro modo dei perdenti.
Un altro glaciale travelling all'indietro descrive l'esecuzione, vero Hohepunkt dell'opera. L'imponente architettura del castello sullo sfondo, il lento incedere dei soldati, il taglio realistico, quasi documentaristico, della sequenza determinano il carattere fortemente rituale dell'insieme: il sacrificio di sangue serve da esempio, impaurisce i soldati e consolida il Potere. Pure nell'enigmatica cerimonia centrale in Eyes Wide Shut si allude a una morte rituale: anche quel sangue servira', in modi oscuri, a innervare la forza dei potenti.
Ai deboli restano solo le lacrime e la sincera commozione della sequenza finale allorché i soldati cantano insieme alla ragazza tedesca in quella che risuona come un'implicita implorazione per una pace che sola può porli in salvo, facendoli tornare al loro grigio, quotidiano anonimato.