A Clockwork Orange

A Clockwork Orange (Arancia meccanica): ambiguità della musica e pretese della politica (1971)

                "L'uomo non è una creatura mansueta... egli vede nel prossimo non soltanto un eventuale aiuto e oggetto sessuale, ma anche un invito a sfogare su di lui la  propria aggressività, a sfruttarne la forza lavorativa senza ricompensarlo, ad abusarne sessualmente senza il suo consenso, a sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni, ad umiliarlo, a farlo  soffrire, a torturarlo e a ucciderlo. Homo homini lupus: chi ha il coraggio di contestare quest'affermazione dopo tutte le esperienze della vita e della storia? "
                (S. Freud, Il disagio della civiltà )

2001 costituisce una sorta di portale in relazione alle cinque opere successive. Nel film spaziale si propone la prima esplicita riflessione sul problema della violenza in relazione all'evoluzione individuale e collettiva. I protagonisti delle cinque pellicole successive costituiscono altrettante variazioni sul medesimo tema "darwiniano". Alex (A-lex: senza-legge) incarna la trasformazione dell'ultraviolenza individuale in violenza al servizio del Potere; Barry espone il caso di un'evoluzione tentata e fallita; Jack Torrance cogliera' solo un mezzo successo, convogliando la propria aggressivita' individuale di artista fallito nel suo ruolo di sorvegliante della misteriosa setta padrona dell'Overlook, divenendo cosi' parte dell'establishment; Joker impiegherà un lungo e faticoso cammino per superare il proprio umanitarismo e divenire una asettica macchina da guerra; Bill Harford, il più ottuso dei personaggi kubrickiani, viene a contatto casualmente con l'amorale forza del Potere, senza comprenderne l'essenza: in lui manca un'autentica spinta al superamento della propria dimensione. Il cinema kubrickiano è dunque costantemente attraversato da una tensione evolutiva, da un movimento ascendente e discendente dei suoi personaggi che prende corpo nel loro relazionarsi col mondo in termini di agonistica competizione, di mera sopraffazione, di lotta spietata e razionale come in una partita a scacchi, risultando essi di volta in volta vincitori o vinti, potenti o deboli, carnefici o vittime. I legami di palese continuità tra queste sei opere vengono inoltre confermati da un proliferare di citazioni intertestuali che culminera' nell'opera-riassunto Eyes. In Clockwork notiamo: la prima immagine (l'occhio di Alex) coincide con l'ultima di 2001 (l'occhio del feto astrale); l'immagine di Alex che pugnala il compagno drugo ripete quella della scimmia assassina; nel negozio di dischi compare la colonna sonora di 2001.
Alex e i drughi discendono dalla cultura beat americana, da quella contestazione globale del sistema che si esprimeva nell'agire eversivo delle bande di The Wild One (Il selvaggio, Benedek 1954) o nell'insofferenza verso il mondo adulto dei personaggi di Rebel Without a Cause (Gioventù bruciata, Ray 1955) e di East of Eden (Oltre l'Eden, Kazan 1955). Il romanzo di Burgess, edito nel 1962, nasce a ridosso di quella cultura alternativa degli anni cinquanta. Clockwork di K è il suo film più fedele e aderente alla fonte letteraria (non solo rispetta la concatenazione degli eventi ma spesso ripropone puntigliosamente i medesimi dialoghi); solo nell'ambientazione il cineasta sposta la vicenda in un futuro astratto, minimizzando i rapporti con la cultura beat, così come l'aver modificato radicalmente l'età di Alex (nel romanzo si tratta di un quindicenne) rimuove dal film la tematica del ribellismo adolescenziale. Per K Alex è' un erede dell'ominide di 2001 che si compiace del proprio talento per la violenza; è un essere vitale ma infantile e, in fondo, stupido poiché utilizza la violenza semplicemente per gioco, per noia, senza saperla canalizzare in un progetto "evolutivo". La sua esistenza, priva di connessioni con la società organizzata, lo rende un emarginato non molto differente dal barbone che pesta all'inizio del film. Come per numerosi protagonisti di altre pellicole kubrickiane, l' "attività" ludica e truculenta di Alex appare prigioniera di una dimensione infantile e caricaturale: come il rapinatore di The Killing Alex indossa maschere; come gli "adolescenziali" militari del Pentagono (Strangelove), egli associa violenza e pulsione sessuale; come il subdolo Quilty (Lolita), il folle Jack (Shining) e i marines compagni di Joker (Full Metal Jacket) fa sfoggio di un linguaggio fantasioso e bizzarro. D'altronde la Londra del fondale è una città invisibile: i drughi agiscono di notte e in località marginali o periferiche, segnale importante della loro separatezza dal contesto sociale. Il loro rapportarsi con il contesto diviene allora meramente sadico-distruttivo, al solo scopo di superare una noia interiore attraverso un soddisfacimento immediato dei propri istinti primari: droga al Korova Milk Bar (Droogs/drughi evoca Drug/droga; Milk allude ancora alla condizione infantile di Alex, "allattato" con latte drogato da compiacenti manichini "materni"), sesso mediante stupri e ultraviolenza, entrambi finalizzati ad affermare la propria forza sull'altro, traendone godimento. Ma la "carriera" del nuovo branco non poteva che essere breve: si tratta di lupi solitari, non particolarmente intelligenti, né bene organizzati e, soprattutto, non “fusi” in un gruppo coeso. In fondo Alex viene tradito dai suoi drughi (e arrestato) poiché ha fallito nello scontro interno, non essendo riuscito ad affermare completamente la propria volontà sui gregari e quindi ne paga le conseguenze. Alex si rivela insomma un debole. Il quinto "branco" del cinema kubrickiano si disgrega quasi subito (alla fine del primo capitolo di un film articolato in tre parti, come il testo di Burgess) poiché manca della severa, gerarchica disciplina che animava i primi tre (Fear, The Killing e Strangelove), seppure anch'essi minati al loro interno da elementi di instabilita' i quali costituivano la causa principale della loro totale o parziale (Fear) sconfitta.
Alex ama la musica colta, soprattutto Beethoven. Questo particolare propone un elemento di riflessione scettico-nichilista, perfettamente allineato alla visione umana disincantata di K: non solo la religione appare una "illusione" freudiana (si veda il noto testo L'avvenire di un'illusione, 1927), adatta a consolare l'umana debolezza; anche l'arte viene raffigurata come priva di quelle qualità morali tanto celebrate da una certa cultura idealista; al contrario essa appare un luogo ambiguo e polivalente, nel quale ciascuno può cogliere gli aspetti che gli sono piu' confacenti e simili. Così l'arte beethoveniana, animata da una volonta' aggressiva e da una forza dirompente (aspetti peraltro ampiamente riflessi nella biografia stravagante e piena di ossessioni del compositore di Bonn), appaiono ad Alex la giusta colonna sonora delle proprie scorribande criminali; e ciò risulta ancor piu' ironico poiché il brano continuamente citato è proprio quel quarto movimento della Nona sinfonia sul testo An Die Freude di Schiller, che costituisce un importante e celebrato manifesto dell'ideologia della fratellanza massonica (lo fu fin dall'origine: la nona fu commissionata a Beethoven dalla massonica Philharmonic Society di Londra nel 1817 e completata dal musicista nel 1824). Dunque l'incitamento all'amore universale di Beethoven/Schiller incentiva il suo opposto; Eros si trasforma in Thanatos o meglio la pura scrittura dei suoni beethoveniani contiene questa possibilità fin dall'inizio. Né appare casuale la presenza ancora di un frammento di tale quarto movimento (il celebre, "estatico" Alla marcia) quale commento al documentario sul nazismo imposto ad Alex all'interno della cura Ludovico: la musica sinfonica tedesca (quella di Beethoven in particolare) contiene quell'istinto aggressivo, quella volonta' di potenza che si manifesterà nell'ascesa della nazione prussiana a partire appunto dagli anni beethoveniani (nel medesimo periodo esce il fondamentale trattato Sulla guerra [1831] del prussiano Von Clausewitz, vangelo di una certa concezione militare della realtà, insita nella cultura tedesca), ascesa che si realizza in un'espansione costantentemente vittoriosa (gli anni di Bismarck, Sedan 1870, il secondo Reich) fino alla catastrofe del nazismo, tentativo finale del mondo tedesco di assumere la guida dell'Eurasia e in definitiva del mondo, mediante l'accesso agli enormi tesori (materie prime) caucasici, mediorientali e siberiani. K sembra alludere a questa complessa (e finora insufficientemente indagata) problematica, smascherando la visione edulcorata di un preteso nobile sinfonismo, espressione di ideali di pacificazione universale: la musica tedesca racconta l'animo tedesco, il suo desiderio di supremazia, tematica gia' lucidamente messa a fuoco con il personaggio di Strangelove (si veda quanto scritto in proposito). Questo è, coerentemente, ciò che “incanta” Alex allorchè egli si immerge nell’universo sonoro beethoveniano. Allo stesso modo nelle dionisiache ouverture rossiniane compare l'esaltazione di un vitale, incontenibile dinamismo (la sinfonia della Gazza ladra accompagna il duello tra i due "branchi", situazione che replica lo scontro tra primati in 2001: l'atmosfera è "festosa" grazie alla musica e all'ambientazione in un teatro abbandonato; sempre la Gazza accompagna il balletto assassino nella casa della signora dei gatti; il celebre tema dell'ouverture del Guillaume Tell rossiniano invece commenta le prodezze sessuali di Alex, ridotte a una pura, entusiasmante ginnastica amatoria). Peraltro anche la cura Ludovico porta il nome del compositore tedesco, poiché anch'essa esprime una volontà di potenza, quella dello Stato o, meglio di una compagine politica di destra (simboleggiata dall'autoritario ministro degli interni), decisa a tentare ogni possibile soluzione, per quanto azzardata e lesiva della dignità umana, al fine di vincere la propria battaglia contro la microcriminalità. Inutile ricordare che anche questa battaglia, combattuta in nome dell'ordine e della legalità, serve soprattutto ai suoi artefici intenti a consolidare il proprio potere politico contro le minacce della fazione opposta, esemplificata nello scrittore Alexander. Desiderio di dominio, crudele manipolazione dell'altro, illusione tecnocratica sono le componenti della cura Ludovico: l'ambiguo universo sonoro beethoveniano può dar voce perfino a queste pulsioni.
In Clockwork compare anche una beffarda presa di posizione nei confronti della cosiddetta arte moderna: la signora dei gatti viene trucidata con una “artistica” scultura fallica (in Full Metal Jacket risuonerà la frase: "sei talmente brutto che sembri un capolavoro d'arte moderna"). Creatore classico, attento a formulare opere dotate della più vasta comunicativa possibile, K è la riprova della vacuita' di tanta arte elitaria, destinata a non trovare un vero pubblico di fruitori, rimanendo più un'intenzione (spesso smodatamente lodata da critici compiacenti) che una realtà effettiva. Al riguardo K afferma: "Penso che la quasi totale preoccupazione dell'arte moderna per il soggettivismo abbia portato all'anarchia e alla sterilità nelle arti. ...[Essa] ha finito col produrre un sacco di opere molto stravaganti, molto personali ed estremamente prive di interesse" (1980).
D'altro lato anche l'opera artistica dotata di un valore indiscutibile e universale non assolve a una funzione morale: K lo ripete audacemente in un'epoca che ha invece "santificato" la creazione artistica. Secondo tale diffusa concezione ciò che è sincero, ispirato e geniale dovrebbe per forza migliorare l'umanità, e quindi nessun limite censorio appare tollerabile. Rispetto a questo patetico luogo comune, il cinema di K dimostra invece il contrario: l'arte filmica, "lingua scritta della realtà (Pasolini), si manifesta come meditazione intorno alla Storia e ai suoi drammi, come indagine e scoperta; essa contiene le dinamiche del mondo e si trasforma spesso in una focalizzazione del male non sempre controbilanciata da elementi rassicuranti (in Clockwork non vi è alcun personaggio positivo); come tale il discorso artistico, quando è sincero e alieno dal compromesso compiacente con l’ideologia, può, a volte, irrompere nella realtà causando stupore e angoscia, ammirazione ma anche danni, emulazioni ingenue e pericolose. Lo sapevano e lo avevano scritto con parole semplici, chiare e ancora oggi condivisibili Platone (La repubblica) e Aristotele (La politica): per entrambi l'arte svolge una funzione educativa che può essere positiva o negativa in relazione ai caratteri dell'opera prodotta. Aristotele in particolare, discorrendo della funzione morale della musica, scriveva che "ciascuno si diletta di quel che e' conforme alla sua natura". Così, come era prevedibile, intorno a Clockwork si e' scatenato un dibattito planetario sugli effetti nefasti prodotti da sciagurate imitazioni poste in atto da individui violenti, simili ad Alex, forse incentivati dal tono vagamente compiaciuto e trionfalistico (l'uso del ralenti) che sembra attraversare a tratti la prima parte della pellicola (parte peraltro estrapolata dalla totalità: dopo la “felice” ascesa criminale c'è la poco invidiabile cura Ludovico e il tentato suicidio). Indubbiamente Alex è anche simpatico, a causa della sua semplice, vitale e infantile amoralità. E', in ogni caso, sincero con se stesso e con noi suoi "confidenti" (importante in tal senso l'uso della voce fuori campo che si rivolge agli spettatori come a dei comprensivi complici). Lo stesso K, lungi dall'unirsi al solito coro dei superficiali difensori della liberta d'espressione a tutti i costi (parenti stretti dello scrittore Alexander), ha silenziosamente dato ragione ai suoi accusatori allorché ha proibito la diffusione per via televisiva del film, andando incontro tra l'altro a un grave danno economico personale. D'altronde Aristotele insegna: il simile si diletta e si rinforza a contatto col simile e alla fine il soggetto più emotivo ed esuberante, soggiogato dall’incisività delle immagini e dall’indubbio, perverso fascino dell’opera, può decidere di passare dalle fantasie ai fatti.
La seconda parte esordisce con il pestaggio di Alex, il suo internamento in prigione dove la violenza dello Stato, raffigurata dal capoguardia dalle fattezze hitleriane, tenta di spogliare Alex della sua personalità e di farne un individuo passivo e rassegnato (tale tematica, ora solo annunciata, troverà ampio sviluppo nella prima parte di Full Metal Jacket). Ma il carattere di Alex resiste, simula condiscendenza e studia il modo migliore per uscire dal suo stato di sottomissione. Fondamentale risulta la sequenza delle fantasie indotte dalle letture bibliche, sequenza nella quale, travestito da centurione romano, sogna di frustare a sangue Gesù: è un nuovo tassello dell'insofferenza di K verso l'illusione cristiana. Come in Beethoven, anche nella Bibbia Alex è sedotto dalle componenti prevaricatrici, non riuscendo a comprendere il carattere remissivo e rinunciatario della fede cristiana; e K sembra dargli ragione.
Il trattamento Ludovico, la via di fuga abilmente guadagnata dal giovane, viene spiegata ad Alex dal cappellano all'interno della biblioteca: il fondale composto da libri, ovvero da una Cultura che nella sua maggioranza assolve a una funzione ora compiacente, ora servile nei confronti del Potere, allude (qui come nei finali di Paths e Eyes) alla cura Ludovico quale prodotto della classe dominante. Il trattamento però si rivela un fallimento sotto ogni aspetto. La sua disumanita' finisce col ritorcersi contro i suoi artefici: privare (mediante un procedimento pavloviano) di ogni atteggiamento aggressivo un criminale finisce con il porlo in balia della violenza altrui; il carnefice diviene una povera vittima, attivando così un'ondata di simpatia nei suoi confronti (dopo il tentato suicidio) e di irritazione e paura nei confronti di quei metodi e dei loro fautori. Inoltre lo shock conseguente al volo dalla finestra della casa dello scrittore ripristina il carattere originale di Alex, chiarendo quanto sia difficile indurre una trasformazione radicale in un individuo, trasformazione che richiederebbe una vera e propria modificazione del suo patrimonio genetico (con buona pace degli assertori dell’origine “ambientale” degli atteggiamenti criminali). Il ministro capisce il proprio scacco e abilmente sfrutta la nuova situazione al meglio: soccorre pubblicamente il martoriato Alex, mentre segretamente stringe un patto di collaborazione con lui. Così Alex "evolve" e trova lavoro: come già i suoi ex drughi, ora sinistri poliziotti, anche il giovane criminale porrà al servizio del sistema le sua crudele forza, forse diverrà un ottimo elemento dei servizi segreti, per i molti lavori sporchi necessari a un sistema politico per mantenersi in vita. Lo sciagurato Alex è diventato un pò più grande: "allattato" dal seno "materno" dei manichini del Korova Milk Bar all'inizio del suo "romanzo di formazione", concluderà il suo viaggio "imboccato" dal paterno ministro. Superata la fase delle inutili brutalità adolescenziali egli entra nel più vasto e significativo universo della violenza legale (d'altronde la seconda parte inizia proprio con il pestaggio di Alex da parte dei poliziotti, conferma della simmetrica contrapposizione esistente tra violenza illegale e legale). Ricordando Hobbes, Freud scriveva: "la vita umana in comune è resa possibile in primo luogo se si afferma una maggioranza più forte di ogni singolo e tale da restare unita contro ogni singolo. Il potere di questa comunità si oppone allora come "diritto" al potere del singolo, che viene condannato come "forza bruta”. Questa sostituzione del potere della comunità a quello del singolo è il passo decisivo verso la civiltà ". (Il disagio della civilà, 1929). La trasformazione "civile" di Alex si è dunque compiuta: ora è entrato a far parte (seppure in posizione defilata e servile) della cerchia dei potenti. Lo scellerato patto è "festeggiato" ancora una volta da un uso sarcastico della Nona sinfonia beethoveniana. Il cammino di Jack Torrance e di Joker sarà alquanto simile.
Il dialogo finale tra il ministro e Alex sigla un epilogo denso di allusioni e svelamenti simile a quello decisivo presente in Paths (tra il gen. Broulard e il col. Dax) e in Eyes. Come negli altri due casi citati il protagonista si trasforma in comparsa, si rivela un povero oggetto nelle mani di un Potere forte che lo travalica completamente; al contrario il ministro (come Broulard e Ziegler) emerge come il vero, cinico detentore della forza: egli ha domato i due Alexander, facendo imprigionare il suo oppositore politico e arruolando lo scapestrato assassino. Alex compie in effetti una modesta evoluzione, ma va notato che essa appare in definitiva totalmente casuale poiché la sua autentica parabola finisce con un completo fallimento: il salto mortale dalla Home del suo omonimo. Burgess/Kubrick lo tengono miracolosamente in vita e, in questo epilogo, quasi un secondo ipotetico finale, ne disegnano la possibile "guarigione", nonché l'inserimento nel campo della violenza legale.
La figura di Alex porta allo scoperto le posizioni politiche di gruppi contrapposti. Da un lato il governo di una destra tecnocratica e pragmatica che pretende di eliminare scientificamente la criminalità comune per potersi dedicare piu' tranquillamente alla repressione del nemico politico (liberare le carceri dai detenuti comuni per far posto a quelli politici è il fine perseguito dal ministro degli interni); all'interno di essa il capo delle guardie, caricatura di Hitler, rappresenta invece la destra estremista e tradizionale, incredula di fronte ai nuovi metodi di cura mentre il cappellano incarna l'ipocrisia della religione, alleata del potere e portatrice di una sessualità deviata. Il protagonista, simbolo di una forza naturale pura, "preculturale", infatti disprezza la visione cristiana come qualcosa di innaturale: nel geniale "videoclip" sulla Nona di Beethoven un Alex vampiro deride le grottesche statuette di un Cristo ballerino con il pugno (marxista?) alzato. Il pacifismo religioso si conferma in K un espediente volto a mascherare la paura e la debolezza (diverrà elemento centrale in Eyes, punteggiando l'odissea di Bill, il più mediocre dei protagonisti kubrickiani).
Sull'altro versante c'è la sinistra intellettuale, accusata anch'essa di falsità: lo scrittore Alexander (non a caso porta lo stesso nome dell'aggressivo Alex), predica gli ideali massonici di libertà e fratellanza, ma in realtà intende solo strumentalizzare la vittima Alex per indebolire il suo avversario politico; poi, scoperto in lui l’assassino di sua moglie, non esita addirittura a farsi giustizia da solo, torturando il suo omonimo con la Nona sinfonia, il simbolo musicale del suo apparato ideologico (il campanello della sua porta riproduce l'incipit della Quinta sinfonia beethoveniana, emblema della lotta illuminista contro le tenebre ma anche composizione attraversata da una selvaggia violenza fonica; il pavimento a scacchi del suo appartamento più che alludere alla passione kubrickiana per gli scacchi, come viene spesso notato, è invece, in questo contesto, un riferimento al pavimento a scacchi bianchi e neri presente nei templi massonici, in quanto elemento simbolico della lotta in corso tra tenebre e luce). La sinistra lotta solo per la propria affermazione di potere; i suoi ideali risultano pretestuosi e negati nella prassi dei suoi protagonisti. Lo scrittore inoltre ricompare nel finale su una sedia a rotelle, segno inequivocabile della propria sconfitta in parte dovuta proprio ai suoi ideali generosi e libertari, ma utopici e ingenui; è Alexander a dare l'ordine di aprire ad Alex nella prima parte, mosso da una lodevole ma incauta generosità nei confronti di chi crede in serio pericolo. La sedia a rotelle dello scrittore stigmatizza una sconfitta; e, su una sedia a rotelle, appaiono infatti l'ex nazista "profugo" Strangelove e il vinto Barry Lyndon.
Perfino la figura del barbone viene capovolta e "svelata" nel terzo pannello del film, ossia laddove Alex ripercorre le tappe della propria attività criminale: da povera vittima il vecchio rivela di sapersi trasformare in perfetto carnefice allorché, resosi conto della debolezza del suo ex torturatore, lo assale insieme a almeno altri dieci suoi compagni, in una perfetto capovolgimento della situazione iniziale (i quattro drughi contro il solitario mendicante).
La colonna sonora elettronica di Walter Carlos contiene intuizioni notevoli, a cominciare dall'indimenticabile "ouverture", una brillante trascrizione elettronica della funebre Marcia di Purcell (posta in apertura della Music for the Funeral of Queen Mary, 1695), una pagina che nell'originale dura meno di un minuto e che acquista nella rielaborazione un sinistro tono apocalittico, rafforzato dall'inserimento, tra la prima e la seconda ripetizione del tema, di un accenno al celebre motivo medievale del Dies Irae. Il sipario sta per aprirsi, non solo sul funereo Korova Milk Bar, ma in generale su un universo tetro e senza gioia (nonostante l'insistita ripetizione dell'Ode alla gioia beethoveniana di cui peraltro Carlos appronta una "prosciugata" e caricaturale versione elettronica). Al contrario il tema solenne e disteso delle Pomp and Circumstance, March n. 1 (1901), composto da Elgar, accompagna l'apparizione del vero, indiscusso Potere rappresentato dalla figura del ministro degli interni. Il magnifico andante introduttivo della sinfonia del Tell rossiniano (1829), con i suoi toni assorti e vagamente malinconici, quasi una richiesta di quiete, commenta invece il rovescio di fortuna di Alex nella terza parte, contribuendo a rendere "simpatico" al pubblico il "mostro" generato dalla cura Ludovico.
Indimenticabile appare infine la scelta “blasfema” della zuccherosa canzone Singin’ in the Rain (dall’omonimo musical di Donen, 1952) inserita nella sequenza più atroce (le violenze multiple in casa Alexander). Il perverso risultato sottolinea, una volta di più, la distanza che separa il cinema di K da quello hollywoodiano: c’è un ricercato effetto di compiaciuta distorsione nel sovrapporre un testo musicale evocatore di rassicuranti, umane armonie ad immagini tanto brutali. Anche in passaggi come questo prende corpo la tagliente critica del cineasta un tempo newyorkese nei confronti di un universo filmico artefatto e addormentato nei fiduciosi o forse ipocriti ideali liberal quale era nel suo insieme quello americano degli anni sessanta e settanta. Non la comprensione e la generosità, sembra asserire l’artista, bensì il perenne scontro costituisce il motore della Storia e delle umane vicende, piccole e grandi, individuali e collettive. La battuta del sergente Hartman (Full Metal Jacket): “Ma che cazzo di cinematografo è questo?” (sulla quale ci soffermeremo a suo tempo) si adatta perfettamente anche al film scandalo Clockwork, opera con la quale, per la prima volta in modo esplicito, K esprime la sua amara visione esistenziale.
Riassumendo: la ricostruzione del reale, trasfigurato dalla potente fantasia dell’artista, mostra un ordine sociale dove i buoni sentimenti non esistono o sono completamente superflui e ininfluenti; esiste invece, centrale ed esclusivo, il perenne conflitto tra la forza e la debolezza mentre ogni altro atteggiamento viene descritto come semplice e opportunistica maschera di quelle componenti primarie. Il sinistro risuonare dell'antico tema del Dies Irae (sia nella citata sequenza d'apertura, sia in quella del pestaggio di Alex ad opera degli ex drughi) è ulteriore conferma del manifestarsi di questo universo tormentato, regolato dalla crudeltà: lo stesso motivo comparirà sui titoli di testa dell'assai simile Shining, per indicare nuovamente un mondo intriso di sangue e un'altra faticosa odissea nel labirinto delle incontrollabili pulsioni violente e prevaricatrici.
Per finire due possibili “indizi” lunari.
1) Subito prima di venire aggredito il barbone recita un lamentoso monologo nel quale tra l’altro afferma: “E’ uno schifoso mondo perché non c’è giustizia... Che razza di mondo è questo? Uomini sulla luna, uomini a spasso intorno alla terra e non c’è nessuno che rispetta la legge”; dunque l’ingiustizia e l’illegalità sono accoppiati all’idea dell’uomo nello spazio; forse è la stessa missione Apollo a non essere “giusta”, a essere “fuorilegge” ? (il breve monologo, sebbene già presente nel romanzo di Burgess, è significativamente mantenuto ed enfatizzato da K).
2) Nella fase introduttiva al combattimento tra i due “branchi”, nel teatrino abbandonato, l’immagine che allinea i quattro drughi vestiti con il loro caratteristico completo bianco (quasi una tuta da astronauta) su uno sporco pavimento scuro, come disseminato di piccoli “crateri”, evoca con forza, per un attimo, le coeve fotografie lunari. Quattro criminali abituati a truccarsi, un vecchio teatro luogo abituale di ogni forma di abile simulazione, la musica della Gazza ladra ovvero il riferimento a un uccello che (nell’opera rossiniana) ruba una posata d’argento: K ha forse costruito un fulmineo e malizioso enigma intorno alla presunta frode lunare?