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Uomini sul fondo e La nave bianca: rassicurazioni "tecniche" (1941)
L'esordio di De Robertis (San Marco in Lamis, [Foggia], 1902), un ufficiale di marina "prestato" al cinema, avviene con una pellicola di carattere semidocumentaristico,
Uomini sul fondo (98 min.), promossa dal ministero della Marina. Essa non tratta direttamente della guerra ma ne parla implicitamente. La vicenda del sommergibile A103, bloccato sul fondo dopo un banale
incidente e salvato con una spettacolare azione di soccorso che coinvolge navi ed aerei, nonche' con il concorso eroico del suo stesso equipaggio, pronto ad ogni sacrificio nel tentativo di recuperare anche il
prezioso mezzo navale, racconta (e auspica) soprattutto un'atmosfera, quella della serena collaborazione di tutti, marinai, ufficiale e perfino famiglie a casa, sostenuta dall'orgoglio di una marina tecnologicamente
agguerrita e sicura. Uomini sul fondo anziche' fomentare nel popolo atteggiamenti bellicosi, preferisce rassicurarlo: nulla di grave puo' accadere all'Italia, poiche' il suo esercito e' preparato ad ogni
evenienza. Il ministero conosce bene l'atteggiamento italiano sostanzialmente scettico e pacifista, attento al proprio "particolare" e alla propria autoconservazione piu' che alle conquiste imperiali, e
dunque esso punta a minimizzare: la guerra (poiche' di questo si parla tra le righe, pur raccontando una semplice esercitazione) e' un'avventura necessaria alla quale siamo ampiamente preparati. Anche la necessita'
del sacrificio (la morte di un marinaio nel finale) e' appena accennata, posta quasi tra parentesi, esorcizzata; tuttavia ad essa si fa riferimento nella didascalia finale: essa e' il prezzo di sangue da pagare per
assicurarsi il "Mare Nostrum". Questa propaganda tranquillizzante svolge un ruolo non secondario, tanto piu' in quei primi mesi del 1941, dopo i disastri di Taranto (affondamento delle navi nel porto,
novembre '40), la fallimentare campagna di Grecia (iniziata precipitosamente il 28-10-40, con un esercito ancora impreparato), la perdita della Cirenaica (dicembre '40) e di Mogadiscio (febbraio '41), il
bombardamento dal mare di Genova (febbraio '41) e soprattutto la tragedia navale di Matapan (marzo '41). Il paese e' smarrito: non solo in Libia l'esercito italiano perde posizioni nel confronto con gli inglesi, ma
addirittura la piccola Grecia mette in ginocchio l'Italia, potenza europea e coloniale. Inizia da questi eventi il fatale e incontrovertibile distacco degli italiani dal regime fascista.
La pellicola utilizza attori non professionisti (marinai e ufficiali "autentici") ed e' una narrazione corale e semidocumentaristica. Rispetto alla produzione prevalente negli anni trenta,
estremamente artificiosa sia nelle commedie popolari (autore principale Camerini), sia nei polpettoni storico-patriottici (autore principale Blasetti), si affaccia un nuovo realismo, piu' sobrio e verosimile.
L'ideologia, ovvialmente, attraversa ogni immagine del film di De Robertis, ma lo fa con piu' discrezione, senza troppa, fastidiosa enfasi. Questo modesto film segna una svolta epocale nel cinema italiano (il
celebrato "neorealismo" postbellico in realta' incomincia qui per cio' che riguarda il tipo di scrittura), quasi che la societa', resasi conto di essere a un momento decisivo della sua storia,
decidesse anche nel racconto filmico di accantonare le sciocchezze favolistiche per passare ad occuparsi della realta' in corso. Il nuovo, maturo realismo invita tutti a un maggiore impegno, a un porre in atto quel
senso di comunione nazionale tanto propagandata dal regime e che ora affronta, per la prima volta, la dura prova dei fatti. In ogni caso, sobrio realismo a parte, la pellicola e' intrisa di ideali nazionalisti e
conservatori. Gli uomini affrontano la guerra come un rito gioioso, uniti e determinati, consci del loro dovere di fronte alla nazione; le donne, angeli del focolare, attendono ansiose ai cancelli o ascoltano
apprensive le notizie alla radio mentre si prendono cura di simpatici marmocchi. Appena saputo dell'incidente al sommergibile 103, la mobilitazione e' totale: un imponente spiegamento aeronavale si precipita in
aiuto, mentre gli equipaggi danno prova di abnegazione e generosita'. Questo quadro idilliaco e irreale (si pensi solamente alle tragiche inadeguatezze, per non dir peggio, che segnano il disastro di Matapan) tocca
il proprio acme nell'improbabile telefonata della madre al figlio imprigionato nella nave sul fondo. Il clima di fattiva collaborazione e' uno dei due grandi protagonisti del film: esso svolge la funzione di
incitare all'operosita' come di rassicurare il popolo intorno alla competenza della sua marina e in fondo alla sostanziale sicurezza delle sue navi. Tutto cio' culmina nella solenne sequenza finale: il sommergibile
alla fine riemerge tra l'acclamazione generale dei marinai, acclamazione appena smorzata dalla bandiera a mezz'asta che commemora il giovane morto. In questo finale, degno del teatro lirico (si vedra' che la
componente melodrammatica e' un elemento essenziale del cinema italiano), De Robertis celebra la religione laica della comunione nazionale, ideale di mazziniana memoria esaltato dalla propaganda fascista fin dagli
anni venti. Ne' puo' mancare in esso l'immagine di una didascalia mussoliniana ("Sono fiero di voi"), richiamo al padre buono di quella comunione di sangue lanciata alla meritata conquista del "Mare
Nostrum". Il secondo grande tema del film e' la tecnica. Sommergibili, navi e aerei vengono descritti con palese compiacimento per il livello di avanzamento tecnico che esprimono. "Ascensori"
cilindrici che collegano le navi con il sommergibile sul fondo, telefonate da un canotto alla base operativa, palombari che riparano in tempi record lo squarcio della nave e le "ridanno vita":
l'ammirazione per la tecnica, vera protagonista di un film costruito (e faticosamente dilatato) su un unico evento, e' il secondo motivo propagandistico, volto a rassicurare un'opinione pubblica impaurita dagli
eventi e ora titubante intorno a un regime per lungo tempo accettato anche con entusiasmo. Ma anche intorno al progresso tecnico molte sono le obiezioni, a cominciare dai miopi ostacoli (ancora per non dir peggio,
addentrandoci nella sinistra polemica intorno a una marina che sembrava non voler combattere e che sara' accusata di segreti accordi di natura massonica con il nemico inglese) opposti al lavoro di ricerca
dell'ingegner Tiberio che in quei mesi cerco' inutilmente di concretizzare il radar, la cui presenza avrebbe salvato migliaia di vite a Matapan. In definitiva De Robertis dipinge una comunione di popolo,
tecnicamente agguerrita, pronta alle sfide piu' alte; e lo fa con accenti sobri, mostrando il volto di gente comune, felice di essere coinvolta in una "sacra" missione. L'ambiguita' del cinema e' qui tutta
presente: esso mente, sotto le spoglie del rigoroso documentario. In tal senso Uomini sul fondo anticipa tutta la poetica neorealista, nella quale l'accurata verosiglianza nasconde l'ideologia.
Nato a Roma l'8 maggio 1906, Roberto Rossellini realizza i primi cortometraggi tra il 1936 e il 1941 e collabora ad alcune sceneggiature tra le quali quella di Luciano Serra pilota (Alessandrini, 1938).
Nel settembre '41, alla Mostra di Venezia viene presentato il secondo film del Centro Cinematografico del Ministero della Marina, La nave bianca (83 min.). Come per le anonime messe gregoriane medievali,
anche questo film si presenta come un'opera collettiva, senza autori; i nomi di Rossellini (regista) e De Robertis (sceneggiatore e supervisore) non compaiono negli essenziali titoli di testa e di coda: sacerdoti
della religione laica della nazione, essi danno il loro contributo, evitando il peccato d'orgoglio di firmare l'opera; servitori dello stato, scompaiono nel gioioso sforzo corale. Nell'autunno di quell'infelice
1941 la situazione bellica e' decisamente migliorata sia nella Grecia ora occupata, sia in Libia, grazie all'intervento dell'alleato tedesco; ciononostante, con l'apertura del gigantesco fronte russo (operazione
Barbarossa, giugno '41) ogni speranza di una guerra breve va scemando. La pellicola d'esordio di Rossellini continua l'opera di rassicurazione dell'opinione pubblica, celebrando nella prima parte la forza della
marina e nella seconda le amorevoli cure dedicate ai feriti sulla nave ospedale. Film corale, recitato ancora da marinai e ufficiali autentici, perfeziona la poetica ad un tempo realistica e patriottica di Uomini sul fondo,
ravvivandola con un soggetto piu' articolato. In particolare esso illustra quell'uomo nuovo e guerriero, conscio del proprio compito "imperiale", un modello umano che Mussolini cercava di imporre, in
polemica con una certa cultura liberale, borghese e pacifista interna al regime, soprattutto a partire dall'impresa etiopica. Contro al materialsmo individualista del capitale, il duce, influenzato anche da letture
evoliane, accentuava l'ideale di una nuova civilta' italiana animata da un senso collettivo e dinamico, fondato sulla semplicita' generosa degli strati piu' popolari e avviata alle piu' alte mete all'interno degli
ormai instabili equilibri europei. Le elucubrazioni posteriori della critica per "salvare" Rossellini, futuro cantore "neorealista", dall'accusa di adesione al fascismo sono patetiche: nel 1940-3
non esisteva alcun antifascismo, ne' alcuna resistenza piu' o meno criptica; esisteva al massimo un atteggiamento indifferente e intimorito, una "zona grigia" alla quale certamente non appartenevano i due
fieri "sacerdoti" della nazione Robertis e Rossellini, le cui opere costituivano un fattivo contributo allo sforzo bellico, seppur indirizzati piu' a tranquillizzare che a fomentare l'odio contro il
nemico.
Nella prima parte (navi in mare, battaglia, soccorso ai feriti) ritroviamo quel tono corale festoso che segnava Uomini sul fondo: i marinai affrontano la guerra come
un'avventura eroica ed elettrizzante, animati da un granitico spirito di corpo nel quale il singolo scompare e si annulla. L'uomo "nuovo", ardito guerriero, tanto propagandato dal fascismo, trova in queste
figurine schematiche una perfetta esemplificazione, rafforzata dall'uso di volti comuni. Le scene di battaglia sono efficaci grazie al montaggio veloce e all'accurata ambientazione all'interno di un grande
cacciatorpediniere; esse puntano a illustrare l'estrema complessita' di una manovra bellica, lo sforzo collettivo che la rende possibile, il sofisticato livello tecnologico delle macchine (la sequenza del
caricamento dei cannoni), con finalita' duplici, didattiche e rassicuranti (ne' puo' mancare il riferimento al "padre" buono e lontano attraverso la solita didascalia mussoliniana, come in Uomini sul
fondo). La musica, firmata dal fratello del regista, Renzo Rossellini (gia' autore di numerose composizioni orchestrali e cameristiche, e' l'unico nome a comparire, nei titoli di coda), sottolinea con forza gli eventi attraverso un leitmotiv marziale,
destinato a celebrare l'imponente presenza delle navi da guerra. Nella colonna sonora compare cosi' la cultura musicale italiana al suo livello piu' alto: Renzo Rossellini comporra' le colonne sonore di quasi tutti
i film del fratello. La seconda parte, ambientata sulla nave ospedale Arno, racconta un breve incontro amoroso, enfatizzato da un vibrante leitmotiv musicale. Durante la quieta e piacevole convalescenza
dei marinai, curati con le piu' solerti attenzioni, viene inserita una cerimonia religiosa che termina con un saluto al re e al duce: in essa gli autori ricordano i tre poteri italiani, nell'ordine la corona (alla
quale faceva riferimento appunto la marina), il fascismo e il Papato. Il film culmina nella "mistica" visione del cacciatorpediniere: di fronte ad essa l'accennata vicenda amorosa, la presenza
femminile, la sofferenza, tutto viene messo tra parentesi mentre il richiamo del dovere patriottico e del naturale istinto combattivo del gruppo prevale; lo stesso
accade nel discorso musicale posto a commento della solenne sequenza conclusiva: il tema sentimentale si trasforma gradualmente in quello "militare". Insomma ancora un grande, enfatico finale d'opera, come in Uomini sul fondo.
Il sobrio realismo e il fuorviante taglio documentaristico della Nave bianca celebrano in realta' l'uomo nuovo mussoliniano e la religione laica della nazione.
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